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In natura, dove ritroviamo la ripetizione seriale?
E’ possibile identificare varie metodologie di ripetizione seriale; esaminiamo le principali, aiutandoci con l’analisi di alcuni esempi presenti nell’ambiente che ci circonda.
- MOLTIPLICARE 1) RIPETIZIONE MODULARE SEMPLICE
Consiste nella pura replica di uno stesso modulo, originariamente indipendente, il quale rimane sostanzialmente identico ogni volta che si ripete.
Una caso di ripetizione modulare semplice è dato da una classe di animali definita “anellide”, di cui fa parte il lombrico. Questo animale è in grado di sopravvivere anche se viene accidentalmente tagliato a metà, in quanto durante la crescita si allunga riproducendo anelli uguali tra loro non solo esternamente, ma anche all’interno: ognuno di loro presenta gli organi necessari alla sopravvivenza, ad eccezione dell’apparato digerente che corre lungo l’intero corpo del verme.
Gli anelli del bruco sono tutti uguali, ad eccezione di testa e coda.
- MOLTIPLICARE 2) RIPETIZIONE VARIATA
Nel caso i moduli derivanti dalla ripetizione presentino delle differenze costanti con il modulo di base, abbiamo a che fare con una ripetizione “variata”. Questa è definita anche ripetizione “parametrica”, giacché i cambiamenti dei nuovi moduli si riferiscono a determinati parametri, come la dimensione, il colore, l’orientamento ecc. Osserviamo, ad esempio, le foglie della felce, una specie di pianta sempreverde molto diffusa in Europa; ogni ramo accoglie numerose foglioline molto simili tra loro, le quali però si differenziano per dimensione e posizione. La ripetizione parametrica, pertanto, consiste nella riduzione di dimensione della foglia al variare della sua posizione lungo il ramo.
Un ramo di felce.
- MOLTIPLICARE 3) L’AUTOSIMILITUDINE (O FRATTALE)
Una particolare tipologia di ripetizione variata è il “frattale”. Nei frattali il singolo elemento si ripete variando la sua dimensione, ed ha una caratteristica molto speciale: esso è parte integrante di un altro modulo, ma al contempo è costituito da un insieme di moduli. Una dimostrazione di frattale nell’ambiente è il… broccolo! Questa verdura, in particolare quella di tipo “romanesco” (definita anche “cavolfiore”) presenta delle infiorescenze a forma di cono le quali, a loro volta, sono costituite da numerosi coni più piccoli, ognuno dei quali formato da altri coni ancora più piccoli e così via, fino ad arrivare ad elementi di dimensioni tanto ridotte da non vedersi ad occhio nudo.
Il broccolo è un “frattale naturale”, così come un cristallo di ghiaccio, i neuroni cerebrali, ecc.
- DIVIDERE) LA DISCRETIZZAZIONE
Come già descritto in precedenza, la discretizzazione è la suddivisione di un oggetto in moduli semplici. Un perfetto esemplare di discretizzazione in natura è fornito dall’alveare. Le api comuni, quando non allevate dall’uomo, trovano riparo in uno spazio protetto come ad esempio la cavità di un albero; lo sciame si dispone all’interno del rifugio formando una serie di catene di api appese al soffitto, dopodiché “discretizza” l’ambiente interno creando una serie di cellette sorprendentemente simili tra loro e fatte di una cera prodotta dalle api stesse tramite le ghiandole poste sul loro addome.
L’insieme di celle, definito “favo”, è un oggetto spettacolare ed ammirabile ai fini della ripetizione seriale, per i seguenti motivi:
- La singola cella è riprodotta fedelmente per innumerevoli volte, proprio come accade nelle strutture modulari; tuttavia, le cellette non sono tutte uguali: la maggior parte è molto piccola, ed all’interno l’ape regina deporrà delle uova dalle quali nasceranno api operaie (femmine), ma ci sono alcune celle più grandi dedicate alle uova di fuco, cioè il maschio dell’ape. Esistono anche delle celle particolari, di forma irregolare, che ospitano le uova delle future regine. Anche nelle costruzioni modulari capita sovente che vengano progettati più moduli, differenti tra loro, che poi vengono replicati per formare la struttura discretizzata.
Le api usano lo stesso modulo (di forma esagonale) per la realizzazione dell’intero alveare variandone la dimensione; unica eccezione le celle reali.
- Le cellette sono di forma esagonale; ciò consente alle api di occupare meno spazio a parità di celle, ed utilizzare meno cera, proprio come accade nella costruzione degli edifici, per i quali si cerca di impiegare, per motivi economici, la minor quantità di materiale possibile. Ma per quale motivo la forma esagonale è la migliore ai fini del risparmio di materia prima? La forma geometrica che riesce, a parità di estensione perimetrale, ad accogliere la maggior quantità di superficie al suo interno è il cerchio; dopo di esso vi sono i vari poligoni regolari, partendo da quello con numero di lati più elevato, fino ad arrivare a quello con il numero minimo di lati (il triangolo). Ad esempio, un dodecagono avrà una superficie più grande di un ottagono di pari perimetro, il quale a sua volta sarà più vasto di un pentagono ecc. Ebbene, tra tutte queste forme, quella che consente alle celle di essere completamente adiacenti l’una con l’altra, senza spazi vuoti tra loro, ed ha il numero maggiore di lati è quella esagonale.
A parità di perimetro (e quindi di materiale impiegato per la realizzazione delle celle), le celle esagonali consentono di coprire una superficie più ampia di quelle quadrate. Il cerchio consente una copertura ancora maggiore, ma ha il “difetto” di costituire dei vuoti tra le celle.
- L’alveare è molto interessante non solo per la sua geometria, ma anche per gli aspetti relativi all’organizzazione “sociale” che lo governa: ogni singola cella, ed ogni ape, ha un compito specifico ed indispensabile per il corretto funzionamento dell’alveare (c’è l’ape che costruisce le celle, quella che le pulisce, quella che produce il miele...); anche nelle costruzioni di qualità gli elementi sono progettati in modo “gerarchico”, affinché ognuno abbia un ruolo ben definito nel comportamento globale della struttura.
Per maggiori dettagli sulle modifiche geometriche in favore di un migliore funzionamento di un oggetto, leggi la scheda L’OTTIMIZZAZIONE DELLA FORMA!