Soluzioni strutturali delle opere di Nervi
Aula Paolo VI, Citta’ del Vaticano Cattedrale di St. Mary, San Francisco Stadio comunale “Artemio Franchi” Gia’ “Berta”, Firenze Aviorimesse, Orbetello Padiglione Delle Conferenze Unesco, Parigi Cartiera Burgo, Mantova Palazzetto dello sportMateriali di approfondimento > Scuole superiori > Soluzioni strutturali delle opere di Nervi > AULA PAOLO VI, CITTA’ DEL VATICANO
AULA PAOLO VI, CITTA’ DEL VATICANO
AULA PAOLO VI, CITTA’ DEL VATICANO
DATI GENERALI DELL’OPERA
Località: Città del Vaticano
Periodo di progettazione: 1963-1966
Periodo di costruzione: 1966-1971
Funzione: sala per udienze tenute dal Pontefice
Cos’è:
Si tratta di una grande sala, con servizi annessi, che sorge sul fianco destro della basilica di San Pietro. L’edificio, oltre ad avere una rilevanza funzionale, ha un notevole valore simbolico; la sua progettazione, infatti, viene commissionata in un periodo storico nel quale lo Stato Vaticano scopre l’importanza sociale dei mass media, e sente l’esigenza di avere un luogo di riferimento attraverso il quale pubblicizzarsi; l’aula, infatti, non è un luogo di culto (pur essendo benedetto), ma uno strumento divulgativo utile ad accogliere un numero elevato di utenti.
La struttura, inaugurata da Papa Paolo VI nel 1971, ha un caratteristico impianto planimetrico di forma trapezoidale (si tratta, più precisamente, di una porzione di anello circolare). La platea, a doppia curvatura, ha dimensioni massime pari a circa 68x63 m, per una capienza che supera le settemila persone. L’aula per le udienze di Nervi è una struttura densa di significati scientifici, tecnici, filosofici e teologici, nella quale sono applicate regole semplici ma efficaci, che rendono l’edificio nel suo complesso efficiente e giustificato in ogni sua conformazione.
Il principio strutturale
La copertura è costituita da una soletta curva in cemento armato sorretta da un sistema di 41 archi, realizzati ognuno con 18 elementi prefabbricati tramite le canoniche tecniche nerviane. La volta così realizzata consente di coprire una luce libera superiore agli 80 metri. Ciò è reso possibile tramite l’applicazione di un sistema ad archi con spinta laterale eliminata[1]: gli archi trasmettono il loro peso e quello della copertura ad una serie di pilastri molto grandi, i quali, essendo collegati con i loro opposti attraverso elementi tesi (catene) che assorbono le spinte orizzontali, scaricano la totalità del peso sul terreno in modo verticale, e quindi più comodo da “sopportare”.
La replica di numerosi archi a spinta eliminata costituisce la copertura dell’edificio.
Inserendo una trave molto rigida in un punto intermedio degli archi, è possibile rimuoverne alcune parti, trasferendo i carichi su poche aste che a questo punto assorbono una notevole quantità di compressione[2]. Queste aste corrispondono ai “pilastroni” del lato trono di cui si parlerà nel paragrafo successivo.
La forma
I princìpi strutturali adottati da Nervi per la schematizzazione del sistema ad arco con spinta eliminata si tramutano in oggetto reale attraverso accorgimenti tecnici utili a rendere il comportamento effettivo della struttura il più possibile vicino a quello concettuale. Pertanto travi, pilastri, catene e setti, anch’essi realizzati in cemento armato come la copertura, assumono forme, inclinazioni e proporzioni studiate per soddisfare le esigenze strutturali, architettoniche ed impiantistiche.
I pilastri sul lato trono
Questi pilastri sono soggetti a compressione (spinta dell’arco) ed a momento flettente[1]; quest’ultimo agisce su due piani, quello degli archi di copertura e quello della trave che congiunge i pilastri. Questo schema si traduce concretamente in un pilastro a sezione variabile, che consente di avere il lato con maggiore inerzia disposto sempre in direzione ortogonale al momento agente.
Nonostante l’insolita forma dei pilastri, i ferri di armatura sono facilmente posizionabili in quanto le facce dei pilastri sono costituite da superfici rigate[2], ossia geometricamente ottenibili dalla congiunzione di una serie di linee (le barre, in questo caso).
Le catene
Le catene assorbono le spinte orizzontali altrimenti trasmesse dagli archi alle fondazioni. Per ottimizzare il comportamento statico di questi elementi tesi, è opportuno disporre i ferri di armatura lungo una curva “catenaria”. Questa forma corrisponde alla configurazione che l’elemento assumerebbe sotto lo sforzo dovuto al peso proprio, se avesse una resistenza a flessione nulla (come una collana).I ferri, dunque, sono più vicini tra loro nella mezzeria, e più lontani agli estremi, dove essi sono inglobati all’interno di setti in calcestruzzo che suddividono gli ambienti del piano interrato.
Nervi adotta una tecnica costruttiva specifica per la messa in opera delle catene, affinché il loro comportamento sia esattamente quello previsto dal progetto.
SCHEMA “A”: La catena ha il compito di assorbire le forze orizzontali derivanti dalla spinta dell’arco.
Per entrare in tensione, tuttavia, la catena necessita di un “tiro”, che può verificarsi solo se i due estremi (vincolati alle strutture di fondazione) si allontanano rispetto alla loro configurazione iniziale. Questo, però, non è ammissibile, in quanto il movimento delle fondazioni superficiali comporterebbe una sollecitazione di taglio sulle fondazioni profonde (i pali).
SCHEMA “B”: Per ovviare a questo problema, Nervi sfrutta un secondo principio, secondo il quale la catena soggetta ad un carico non assiale (ad esempio una forza ortogonale in mezzeria), non avendo alcuna resistenza a flessione, può contrastare la forza agente solo ammettendo una sua deformazione.
Il carico tende la catena come fosse la corda di un arco, ed a sua volta la catena tira le due strutture di fondazione avvicinandole tra loro.
SCHEMA “C”, SOLUZIONE:
Fase 1: Vengono realizzate le strutture di fondazione profonde e superficiali[3].
Fase 2: Tra le due fondazioni superficiali dell’aula Nervi fa realizzare dei setti in cemento armato.
Fase 3: Solo in seguito vengono realizzate le catene, disposte secondo una curva “catenaria”. Tramite questa configurazione, la forza che tende a deformare la catena, e ad avvicinare i due estremi, altro non è che il peso proprio della catena.
Il tiro delle catene, anziché avvicinare le due fondazioni, comprime i setti in c.a. precedentemente realizzati. In questo modo la posizione delle fondazioni superficiali rimane quella iniziale.
Fase 4: Quando vengono posati gli archi, la loro spinta orizzontale, ancor prima di tendere le catene, annulla la compressione dei setti. In questo modo non avviene neppure l’allontanamento delle fondazioni superficiali, ed i pali non subiscono sforzi di taglio in sommità.
Gli aspetti costruttivi
Il progetto di Nervi per l’aula delle udienze non è limitato al solo disegno della struttura: Nervi, come sempre nelle sue opere, studia l’intero processo costruttivo, e per ogni fase che lo compone, ne progetta i metodi esecutivi; a partire dal disegno delle opere prefabbricate, fino alle tecniche di messa in opera degli elementi strutturali.
La prefabbricazione
L’aspetto più evidente relativo all’uso della prefabbricazione in questa struttura riguarda i conci che costituiscono la volta di copertura. Gli archi presentano una sezione variabile, ed ognuno sembra diverso dall’altro in quanto hanno una disposizione radiale; in realtà i 41 archi sono realizzati con soli 18 elementi prefabbricati in ferro-cemento ripetuti più volte. Questi elementi hanno un’altezza maggiore man mano che ci si avvicina al lato del trono.
I conci realizzati in fabbrica hanno dei ferri di ripresa, e vengono posti in opera attraverso un getto di completamento in calcestruzzo e l’aggiunta di ulteriori ferri. Sugli archi così realizzati sono presenti dei ritagli utili all’installazione di punti luce artificiali all’interno dei conci, ed all’espulsione dell’aria canalizzata nella sala (ved i anche il paragrafo successivo).
Architettura e Ingegneria insieme
Spinto anche da una committenza particolarmente esigente, Nervi non voleva si realizzasse una struttura solamente solida e funzionale, ma anche apprezzabile alla vista: maestosa ed affascinante, se pur sobria e discreta. Mirabilmente il progettista è riuscito nell’intento di unificare design e struttura, bellezza ed utilità, cosicché ogni elemento che compone l’edificio ha molteplici e specifici ruoli.
Le travi scatolari
E’ sorprendente notare come ogni elemento che costituisce il corpo di fabbrica dell’aula, oltre ad avere un suo compito dal punto di vista strutturale, ha anche una funzione architettonica, compositiva o impiantistica. Oltre alle catene ed agli archi prefabbricati già descritti, le travi scatolari sulle quali poggia la volta di copertura è l’esempio palese di integrazione tra le due discipline.
Le travi (in particolare quella sul lato trono), sono molto grandi ed hanno sezioni cave chiuse, in quanto questa tipologia di sezione è quella che reagisce nel miglior modo alla sollecitazione di momento torcente[1]. Tuttavia, la forma che caratterizza queste travi è tale anche per consentire le canalizzazioni impiantistiche, tanto che la trave sul lato trono è una vera e propria “scatola chiusa” ispezionabile e transitabile.
Approfondimento - la torsione nelle sezioni chiuse ed aperte.
Così come accade per le altre tipologie di sollecitazione, la resistenza a torsione di una sezione, ossia la capacità di contrastare un momento torcente subendo rotazioni minime, è data da due fattori:
- Le proprietà del materiale che caratterizza la sezione;
- Le proprietà geometriche della sezione.
Prendiamo in esame due sezioni a corona circolare, realizzate con lo stesso materiale, le quali hanno le stesse dimensioni e superficie; l’unica differenza sta nel fatto che la prima è una sezione chiusa (la corona è continua in tutti i suoi punti), mentre la seconda è aperta, come se la corona fosse “tagliata” in un punto. Queste due sezioni hanno la medesima resistenza flessionale, in quanto, oltre ad essere evidentemente identiche le proprietà del materiale, sono uguali anche le proprietà geometriche: il momento di inerzia rispetto al loro baricentro (ossia la grandezza geometrica che stabilisce la resistenza a flessione) è in entrambi i casi:
La resistenza a torsione, invece, è molto diversa tra sezione aperta e chiusa; i parametri geometrici di resistenza torsionale, infatti, sono pari a:
Dove R è il raggio medio della corona e b è lo spessore di parete.
Assumendo per R e b dei valori leciti nell’ambito delle costruzioni (ad esempio per i tubi delle strutture metalliche), si può notare che il valore di J nel caso di sezione chiusa è circa 100 volte superiore rispetto a quello della sezione aperta.