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AVIORIMESSE, ORBETELLO
DATI GENERALI DELL’OPERA
Località: Orbetello (GR), Italia
Periodo di progettazione: 1939
Periodo di costruzione: 1939-1941
Funzione: Aviorimesse ad oggi demolite
Cosa sono:
Gli hangar furono realizzati durante la Seconda Guerra Mondiale nell’area dell’idroscalo di Orbetello per la custodia degli aeroplani; vennero poi demoliti nel 1945, a pochi anni dalla loro costruzione, per mano dei soldati tedeschi in fuga. Ad oggi degli hangar non rimane nulla, se non le fondazioni dei pilastri nascoste sotto l’asfalto.
Le aviorimesse toscane costituiscono la seconda parte di una serie di autorimesse progettate da Nervi in periodo bellico, prima ad Orvieto e poi proprio ad Orbetello; qui Nervi risolve i problemi riscontrati nelle prime aviorimesse, effettua sostanziali modifiche all’impostazione strutturale ed attua per la prima volta il sistema di prefabbricazione delle travi nervate in cemento armato, evitando l’utilizzo eccessivo degli allestimenti provvisori in legno, materiale difficilmente reperibile durante la guerra.

Flusso geometrico-strutturale
La struttura dell’hangar è costituita da una volta mista a botte e padiglione (padiglione “estruso”); la volta è discretizzata a formare una struttura reticolare composta di elementini che sono in parte prefabbricati ed in parte realizzati in opera. La struttura si basa sul principio di “flusso geometrico-strutturale”[1], forte nelle opere di Nervi, secondo il quale i carichi percorrono strade ben precise, e comportano negli elementi strutturali, sollecitazioni predeterminate che gli elementi stessi sono in grado di sopportare in quanto appositamente progettati. La copertura (superficie), dunque, scarica i pesi su un appoggio perimetrale costituito da un anello reticolare piano (linea), che a sua volta è appoggiato su sei pilastri (punti), quattro ai vertici del perimetro e due centrali.

La trave perimetrale
La base di appoggio della copertura è una struttura reticolare bidimensionale la quale, anziché essere disposta su un piano verticale, come generalmente accade per le travi reticolari, giace su un piano orizzontale; questo consente di assorbire le spinte orizzontali che la copertura trasferisce agli elementi sottostanti, evitando lo “spanciamento” della volta. Le risultanti verticali, invece, sono affidate ai pilastri che le trasmettono in fondazione.

L’apparente complessità della struttura reticolare che costituisce la volta, è smentita dal metodo con il quale essa è stata progettata e poi realizzata: si tratta di una serie di archi reticolari con assi giacenti su piani verticali paralleli tra loro, che tagliano la volta diagonalmente.
La struttura reticolare di copertura è discretizzata in facce quadrangolari sui lati delle quali vengono tessuti gli archi reticolari. La proiezione a terra degli elementini forma una maglia di quadrati; questo agevola notevolmente il processo costruttivo, in quanto consente di preparare il disegno della struttura a terra, per poi proiettarne i punti lungo le verticali, formando pian piano il reticolo tridimensionale.

Gli archi che formano la copertura sono costituiti da elementi che, se presi singolarmente, sembrano tante piccole travi reticolari[1]. Foto storiche delle prove di carico dimostrano che Nervi aveva ipotizzato, per questi archi, l’utilizzo sia del sistema reticolare che di quello Vierendeel[2], optando in via definitiva per il primo caso, dotato però di una particolarità: i ringrossi ai nodi, dovuti probabilmente alla volontà di evitare angoli acuti tra le aste in fase di realizzazione, fanno pensare ad una struttura rigida costituita da nodi che trasferiscono momento flettente[3] sulle aste.


Gli elementi non sono tutti reticoli prefabbricati: quelli appartenenti agli spigoli della volta sono elementi pieni in c.a. gettati in opera; a questi si aggiungono degli archi di rinforzo ed altre aste piene, che sono appositamente posizionate nella volumetria della copertura per migliorarne le prestazioni strutturali. E’ infatti possibile riscontrare delle analogie tra la posizione degli elementi pieni e le zone in cui le sollecitazioni sono più elevate. Questo dimostra ancora una volta la capacità di Nervi di ottimizzare la geometria strutturale, riducendo al minimo l’utilizzo di materia laddove non è necessaria.
